Interviste e Blog Tour

Le convergenze dei microcosmi paralleli: intervista all’autrice

Buon primo maggio cari lettori! Come state?
Oggi voglio parlarvi di un libro che vi ho segnalato qualche tempo fa, Le convergenze dei microcosmi paralleli.
Per l’occasione ho intervistato l’autrice Elena Nittoli, che mi ha svelato alcune curiosità sul suo libro.

Ciao Elena, presentati ai lettori che ancora non ti conoscono. Chi sei e che cosa fai nella vita? 

Sono un avvocato. Prima ero un difensore tipo Anna, la protagonista del mio romanzo. Ora invece svolgo l’incarico di vice procuratore onorario e quindi le funzioni di pubblico ministero in aula, come avvocato dell’accusa. Un po’ alla «Law and Order» (almeno, così mi piace pensare). 

Le convergenze dei microcosmi paralleli è il tuo nuovo libro edito Ciesse edizioni. Com’è nato il romanzo e di che cosa parla?

È la mia opera prima. Nasce dalla voglia di raccontare un tema vecchio in modo nuovo. 

Il libro racconta le esperienze di un avvocato in modo difforme dai canoni del romanzo di genere: il personaggio principale è assai lontano dalla figura del «poliziotto mancato» sempre alla ricerca di un assassino nell’intento di scagionare il suo cliente che, come al solito, è innocente. 

La mia Anna conosce le implicazioni reali derivanti dall’indossare una toga al giorno d’oggi, ancor più se si è donne come lei, e in un momento di crisi economica e sociale come quella attuale. Il suo mondo esprime un vissuto quotidiano, parla di esperienze di gente comune, di professionisti alle prese con le vere dinamiche di un tribunale. 
Anna è una ragazza come tante, è giovane e inesperta e ha problemi normali, come aspettare la telefonata dal tizio con cui è appena uscita o incassare la parcella dai clienti, far quadrare i conti per concedersi qualche griffe troppo costosa e rendersi però anche credibile con la sua preparazione agli occhi di giudici e colleghi. E ha lo stesso una vita professionale interessante, che la pone in contatto con tante varianti del genere umano, nel vivo di vicende intime e personali e di esperienze toccanti.

Ho sdoganato perciò la sua storia dalle false premesse di certi stereotipi perché penso che possa rivestire una sua dignità letteraria autonoma e meriti di essere raccontata senza infingimenti. 

Quanto c’è della tua esperienza lavorativa e umana nelle pagine del libro?

Il libro nasce proprio dalla voglia di raccontare una parte della mia vita e i rapporti con le persone che in quel periodo mi hanno accompagnato nel mio percorso; nasce dall’esigenza di analizzare, attraverso un’introspezione narrativa, l’impatto e l’incidenza che quelle esperienze hanno avuto nel mio processo di maturazione come persona e come professionista. 

Pensi ci sia una percezione sbagliata (pregiudizi, ignoranza…) nei confronti del tuo ambito lavorativo?

Come pubblico ministero d’udienza non avverto oggi un pregiudizio come quello che avvertivo invece, prima, da difensore. Magari perché ora svolgo una funzione pubblica e questo, forse, mi salvaguarda un po’ ma, soprattutto, perché mi sento libera dai condizionamenti dell’essere comunque una parte processuale. 

Un difensore, invece, è più vincolato in questo aspetto. E, in effetti, mi è capitato in passato di scontrarmi con il pregiudizio per il fatto stesso di rappresentare persone non sempre innocenti. Sono, in fondo, i preconcetti insiti nei cliché di cui parlavo prima: sembra quasi che un avvocato non possa difendere i colpevoli per meritare di essere un protagonista positivo, nella vita come in un romanzo. Ecco, perciò, da cosa potrebbe nascere l’esigenza di redenzione letteraria che spesso altera l’identità effettiva del personaggio- avvocato in un libro: dal preconcetto. 

Facciamo un gioco: prova a descrivere tre personaggi del tuo libro con tre aggettivi ciascuno!

Scelgo il nucleo «familiare» della storia e, quindi, 

  1. Anna: decisa, scontrosa e ironica. 
  2. Emma: curiosa, intuitiva e accomodante. 
  3. Carla: egoista, invadente e attaccabrighe. 

Al momento stai lavorando a qualche progetto futuro? Se sì, di che cosa si tratta?

Sto lavorando al secondo romanzo della serie. L’idea nasce già in sé con una connotazione seriale, perché la storia è quella di un percorso di vita e di maturazione della protagonista attraverso le sue esperienze umane e professionali nel corso di alcuni anni. 

Quindi preparatevi già alle nuove storie di Anna, alle prese con le difficoltà lavorative e con quelle ambientali nella convivenza con le due amiche; ma anche a tanti nuovi colpi di scena e processi traumatici di rottura nella sua vita. Grazie ai quali si compirà forse quel processo di crescita indispensabile per diventare una donna adulta. 

Stiamo vivendo un momento difficile, che rimarrà nella storia, non solo del nostro paese ma di tutto il mondo. Come stai vivendo questo periodo? Ti stai dedicando alla scrittura o trovi difficile focalizzarti sulle tue passioni?

Lo sto vivendo come un’opportunità, pur nelle difficoltà derivanti dalla paura nel presente e dall’incertezza sul futuro, nonostante il carico di dolore che ci circonda e la preoccupazione che ci attanaglia ogni giorno (talvolta anche di notte, purtroppo). 

Riesco comunque a cogliere un’opportunità in tutto questo. Per vivere in pace i momenti di intimità con i miei pensieri, con le mie passioni troppo spesso trascurate. Per imparare a gestire la mia giornata riassaporando il piacere di ciò che più mi piace, reinventando il mio tempo. Un’occasione di riflessione sul ribaltamento dell’ordine di priorità e di necessità che finora ci ha così condizionato. 

Quindi sì, lo sto vivendo anche, e soprattutto, come un momento per dedicarmi alla principale delle mie passioni: scrivere. Il secondo romanzo di Anna ha preso vita proprio in questi strani giorni che noi ricorderemo per sempre. 


[L’intervista uscirà anche sulla rivista online Viaggi fra le pagine. Il terzo numero sarà disponibile gratuitamente il 3 maggio in una nuove veste grafica.]

Questo mese il numero della nostra rivista parla dell’importanza della libertà di stampa e di come questa abbia influenzato la cultura. In uno degli articoli si è parlato della necessità di portare, soprattutto online, più contenuti di qualità. Pensi che questa affermazione sia applicabile anche ai libri o ritieni che l’editoria dovrebbe essere aperta a tutti? (Ad esempio con il self publishing)

La qualità rappresenta a mio giudizio un parametro imprescindibile in ogni ambito e senza alcun filtro selettivo non esiste un criterio premiale che tuteli il valore. D’altra parte, però, mi chiedo se gli attuali parametri che ci vengono imposti dalla società corrispondano a criteri selettivi davvero meritocratici: veniamo ogni giorno selezionati e valutati per accedere a un lavoro o per esprimere in mille altri modi il nostro talento, ma sempre secondo i criteri dettati dall’establishment. Sono sul serio dei parametri validi? 

Venendo nello specifico al mondo dell’editoria, mi sembra che non ci sia in giro tanta voglia di setacciare nuovi talenti, di scoprirli, di coltivarli. Spesso le scelte di tante case editrici importanti sembrano improntate a criteri commerciali, piuttosto che a parametri artistici e innovativi. 

Per quanto mi riguarda, so di avere potuto cogliere una grande chance dalla Ciesse Edizioni che ha creduto in me, dandomi – oltre che il modo di presentarmi al pubblico – la possibilità di crescere, di affinarmi in un percorso mirato per presentare un progetto che esprimesse non solo il mio messaggio artistico ma che rispettasse anche, in modo imprescindibile, degli standard di qualità. 

Al di fuori di queste realtà, però, mi sembra non esistano molte altre strade accessibili ai talenti ancora inespressi. Ecco perché la self publishing, allora, non sarà magari la risposta giusta, ma di certo è la domanda. Quella per cui l’editoria tradizionale e mastodontica dovrebbe forse interrogarsi meglio sulle proprie responsabilità. 

Potete acquistare il libro qui.

Interviste, Interviste e Blog Tour

Intervista a Lorenzo Foltran, autore della raccolta poetica “In tasca la paura di volare”

Buongiorno lettori. Ho avuto il piacere di intervistare Lorenzo Foltran, autore della raccolta di poesie “In tasca la paura di volare”.

∼ Buongiorno Lorenzo, benvenuto sul blog Il Lettore Curioso. Presentati ai lettori che ancora non ti conoscono.

Buongiorno. Il mio percorso formativo comincia nel 2011, quando ho conseguito la laurea magistrale in Italianistica all’Università Roma Tre con la tesi La Musa e il Poeta: la relazione io-tu nella lirica amorosa tra origini e contemporaneità. Successivamente, mi sono diplomato in management dei beni e delle attività culturali dopo aver seguito un master di secondo livello tra l’Università Ca’ Foscari di Venezia e l’École Supérieure de Commerce de Paris. Ho lavorato per importanti istituzioni culturali come la Casa delle Letterature (Festival delle Letterature) e l’Institut français (Festival della narrativa francese) a Roma, e la Fête de la Gastronomie e il Pavillon de l’Eau a Parigi, dove attualmente risiedo. Mie poesie sono comparse sulle riviste letterarie Poetarum SilvaLa presenza di EratoMargutteYawpLocomotivEllin SelaeLahar Magazine e sul quotidiano La Repubblica. Nel 2019, ho vinto il Concorso Nazionale Sinestetica per poesia inedita e ho partecipato alla manifestazione Polisemie – Festival di poesia iper-contemporanea.

 
∼ Com’è vista la poesia al giorno d’oggi? Hai difficoltà a proporre le tue opere ai lettori?

Come diceva Vittorio Sereni, «la situazione di un poeta giovane o nuovo non è meno drammatica di quanto lo è, rispetto alle possibilità di lavoro, quella di un neolaureato». La poesia è diventata marginale culturalmente ed editorialmente. La poesia non si vende o si vende pochissimo, non ha un mercato proprio perché nessuno può guadagnarci, non è un affare né per gli editori, né per i distributori, né per i librai ed evidentemente non lo è neppure per i poeti.

Il problema è che quasi nessuno entra in libreria di propria iniziativa per comprare un libro di poesie. Crescente, invece, è l’attenzione del pubblico nei confronti delle letture pubbliche e dei festival di poesia, anche se questi ultimi sono affollati non da lettori, ma piuttosto da ascoltatori di poesia. La poesia contemporanea è, dunque, un’arte senza pubblico.

Tuttavia, grazie ai social media, oggi è più facile arrivare ai lettori. Il problema, però, è riuscire a trasformare il “mi piace” in acquisto del libro ed evitare di diventare unicamente un “brand”, una faccia da mostrare in video su Youtube o nelle storie di Instagram.

poetry-album-3433279_960_720.jpg

 
∼ Che cos’è per te la poesia e come è nata questa tua passione?


“Che cos’è la poesia?”. È una domanda che ha affascinato molti e che, dopo secoli di studi e ipotesi, rimane e rimarrà senza risposta. Definire la poesia è stata l’impresa fallimentare del pensiero estetico. La poesia è poesia e basta. È un dato empirico che non può essere argomentato. Non ci sono prove razionali o metodi per definirne l’essenza.

La poesia non è tanto una passione, è piuttosto un bisogno, qualcosa che nasce spontaneamente. Come diceva Dario Bellezza, andare a fare la spesa, mangiare, scrivere una poesia sono la stessa cosa, se uno è un vero poeta, poi se uno deve fare uno sforzo per esserlo è inutile che lo fa.
 

∼ Parlaci brevemente della tua raccolta In tasca la paura di volare.

In tasca la paura di volare è una raccolta di 67 poesie divise in tre sezioni: Donne sparseI lampioni e nessun altro e In tasca la paura di volare. Nella prima sezione, composta essenzialmente da liriche amorose, il senhal (pseudonimo che i poeti provenzali utilizzavano per nascondere il nome delle loro muse), elemento classico della poesia d’amore fin dalle origini, perde il suo ruolo di richiamo all’unicità della donna e cambia, si maschera sotto altre forme. Ne derivano le immagini del teatro e dell’affabulazione. La figura della donna è quella dell’attrice che assume ruoli e caratteristiche diversi in base al personaggio da interpretare. La prima sezione è, quindi, finzione, manierismo e per tale motivo propone testi che utilizzano le forme più stereotipate del linguaggio della lirica d’amore. La sezione si conclude con la presa di coscienza della distanza incolmabile tra la io lirico e tu, tra chi guarda e chi è guardato. I testi poetici diventano reperti consacrati a un’istanza museale. La lirica d’amore, intesa come dialogo io-tu, binomio poeta-musa, è considerata come Storia che deve essere musealizzata.

Nella seconda sezione, al fallimento del rapporto io-tu ne consegue quello della poesia tout-court. Il poeta è costretto a uscire dal museo, dal teatro, dalla biblioteca in cui si rifugiava, a confrontarsi con la ripetitività e l’apparente facilità di vicende terrene che sconfinano spesso nella dimensione usuale e mondana e a tornare a casa prendendo atto che tutto ciò che ha scritto/vissuto è stato pura illusione.

Alla staticità della prima sezione si oppone il dinamismo della terza, segnata dal viaggio, dalla migrazione, dalla mescolanza linguistica, dal lavoro. L’io poetico in fuga dalla finzione di Donne sparse e dalla realtà evocata in I lampioni e nessun altro, si trova disorbitato tra lo slancio spaziale verso il futuro e la gravità temporale che lo riporta verso il passato. La raccolta si conclude con le stazioni di un pellegrinaggio e dalle riflessioni che le accompagnano.

 
∼ C’è qualche autore a cui ti ispiri e che non manca mai nella tua libreria?

Tra quelli più antichi sicuramente i poeti provenzali e Francesco Petrarca. Tra i contemporanei Giovanni Raboni, Patrizia Cavalli e Valerio Magrelli.

 
∼ Hai un background di studi e lavorativo importante. Come ha influito ciò nei tuoi scritti? Secondo te per scrivere bene è necessario avere una base di studi solida?

Sicuramente i miei studi iniziali in lettere hanno influenzato molto i temi della raccolta. La prima sezione del libro, per esempio, sviluppa in poesia tutti gli spunti critici alla base della mia tesi magistrale. Per quanto riguarda le esperienze di studio successive alla laurea, sono state piuttosto formative sul piano delle opportunità di viaggio che mi hanno offerto. Avendo vissuto per un periodo a Venezia, per esempio, molti dei miei testi mostrano chiare influenze lagunari.

Per quanto riguarda la seconda domanda, non è assolutamente necessario avere una base di studi solida per raggiungere un buon livello di scrittura. Conosco professori universitari coltissimi che non sanno scrivere. Tuttavia, lo studio può aiutare a migliorarsi sia sul profilo dei contenuti che su quello dei significati. Conoscere, apprendere, studiare sono tutte cose che, inoltre, possono ampliare all’infinito le potenzialità ispirative di uno scrittore. In definitiva, per scrivere bene non è necessaria una laurea (ovviamente si deve scrivere e leggere tanto), ma per scrivere bene e riuscire a veicolare messaggi profondi e dall’alto profilo contenutistico lo studio si rivela estremamente necessario.

address-book-2246457_960_720.jpg
∼ Quale consiglio daresti ai giovani scrittori che vogliono avvicinarsi alla poesia?


Per scrivere delle buone poesie, per migliorarsi continuamente non basta solo scrivere; bisogna leggere tanta, tanta, tantissima poesia. Effettivamente il problema dei tanti che scrivono poesia è che non la leggono: in Italia ci sono più scrittori che lettori di poesia. Si pubblicano migliaia di raccolte poetiche ogni anno ma le copie vendute, anche nel caso di poeti affermati, raramente superano il migliaio. 
È come se qualcuno si dilettasse in cucina, ma senza interessarsi minimamente ai libri di ricette.

Per chi, invece, vuole avvicinarsi alla poesia come lettore, oggi esistono almeno tre validi motivi cominciare a leggerla:

·   La brevità della poesia comporta un tempo di lettura ideale per il lettore contemporaneo che ha sempre meno tempo da dedicare ai libri.

·    Tale brevità è perfetta per la condivisione sui social.

·    A chi pensa che la poesia sia un genere di difficile comprensione rispondo: una poesia può comunicare prima ancora di essere capita.

 
∼ C’è una poesia alla quale ti senti più legato?


Sono particolarmente legato a questa poesia:

Immensa consapevolezza

del tempo che passa,

di quello che resta.

Un biglietto di andata in tasca

vuota, invece, l’altra.

Non si tratta della poesia che ha dato il titolo alla raccolta ma è quella che ne ha ispirato la copertina e che descrive meglio l’atmosfera del libro.

∼ Hai qualche progetto in vista per il futuro?

Ho da poco completato la mia seconda raccolta. Ma la poesia è qualcosa che non finisce mai, c’è sempre qualche finitura da fare, la poesia è un labor limae continuo. Bisognerà aspettare ancora un po’ per poter sfogliare il mio prossimo libro.
Nel frattempo, mi sto concentrando sulle pubblicazioni in rivista e sulla traduzione in francese delle mie poesie. Alcune poesie sono state da poco pubblicate sulla rivista letteraria “Paysages écrits”.

Grazie a Lorenzo per avermi dedicato un po’ del suo tempo. Potete acquistare il suo libro “In tasca la paura di volare” qui.


SINOSSI:

31SfxTmSRvL._SX328_BO1,204,203,200_.jpgIn tasca la paura di volare è una raccolta di 67 poesie divise in tre sezioni: Donne sparseI lampioni e nessun altro e In tasca la paura di volare. Nella prima sezione, composta essenzialmente da liriche amorose, il senhal, elemento classico della poesia d’amore fin dai provenzali, perde il suo ruolo di richiamo all’unicità della donna e cambia, si maschera sotto altre forme. Ne derivano le immagini del teatro e dell’affabulazione (le prime poesie, Margherita e “Filo d’erba” rimandano al prato del Decameron dove i giovani fiorentini scampati alla malattia “cominciarono di novellare sopra la materia”). La figura della donna è quella dell’attrice (Dietro le quinte) che assume ruoli e caratteristiche diversi in base al personaggio da interpretare (si veda l’ammiccante ambiguità dell’indeterminato nel titolo You and me). La prima sezione è, quindi, finzione, manierismo e per tale motivo propone testi anche banali come “Quando la guardo, tutto” che utilizzano le forme più stereotipate del linguaggio della lirica d’amore. La sezione si conclude con la presa di coscienza della distanza incolmabile tra la io lirico e tu, tra chi guarda e chi è guardato. I testi poetici diventano reperti consacrati a un’istanza museale. La lirica d’amore, intesa come dialogo io-tu, binomio poeta-musa, è considerata come Storia che deve essere musealizzata.
 
Nella seconda sezione, al fallimento del rapporto io-tu (Peccato che non ci siamo incontrati oggi…Eravamo così vicini…) ne consegue quello della poesia tout-court (“Non c’è più posto per la poesia”). Il poeta è costretto a uscire dal museo, dal teatro, dalla biblioteca (“Senza l’amore di lontano”) in cui si rifugiava, a confrontarsi con la ripetitività e l’apparente facilità di vicende terrene che sconfinano spesso nella dimensione usuale e mondana (rappresentate, per esempio, dalle rime in -are e dal lessico quotidiano in Sabato sera) e a tornare a casa (I lampioni e nessun altro) prendendo atto che tutto ciò che ha scritto/vissuto è stato pura illusione.
 
Alla staticità della prima sezione si oppone il dinamismo della terza, segnata dal viaggio, dalla migrazione, dalla mescolanza linguistica, dal lavoro. L’io poetico in fuga dalla finzione di Donne sparse e dalla realtà evocata in I lampioni e nessun altro, si trova disorbitato tra lo slancio spaziale verso il futuro (“Immensa consapevolezza”) e la gravità temporale che lo riporta verso il passato (“Bevendo un infuso dei tuoi profumi”). La raccolta si conclude con le stazioni di un pellegrinaggio (Boulogne – VarenneBrestLe Barcarès – Saint Laurent de la SalanqueSaint-Cloud) e dalle riflessioni che le accompagnano.

 

Interviste, Interviste e Blog Tour

La rana e lo scorpione || Intervista all’autrice Giorgia Sandoni Bellucci

Buongiorno lettori! Oggi vi porto sul blog un’intervista all’autrice emergente Giorgia Sandoni Bellucci, che ci parlerà della sua opera, divisa in due parti, La rana e lo scorpione.

41utqzsCBYL._SX331_BO1,204,203,200_.jpgRiccardo Deggi ha venticinque anni, vive a Modena e da sempre sogna di sfondare nel mondo della musica. Greta Bellei ne ha ventidue, studia Lettere e ancora non ha trovato il suo posto nel mondo. Lui è oscuro, manipolatore e dispotico; lei riservata, elegante e profonda. Mentre l’uno insegue la celebrità, dividendo le sue giornate fra radio e discoteche; l’altra resta a casa a leggere libri, in attesa che il prossimo viaggio la trascini via da quella cittadina di provincia, che sente tanto ostile. Apparentemente i due non hanno niente in comune, eppure basta che un pomeriggio incrocino gli sguardi in biblioteca, per rendersi conto che fra di loro esiste una chimica sottile ed irresistibile; un’affinità elettiva che li rende simili nella sostanza, oltre la forma apparentemente contraria delle loro vite. In verità infatti più che essere opposti, Greta e Riccardo sono complementari. Simili e dissimili come due lati di una stessa medaglia; come le metà di una stessa persona, cui la sorte ha affidato strade distanti, perché venendosi incontro, apprendano quanto c’è dell’uno nell’altro a ogni passo. Stretti da un legame tanto viscerale quanto inspiegabile, i due ragazzi intraprenderanno un viaggio interiore verso l’età adulta, provando a sfidare tutte le paure e i limiti che le loro differenti nature comportano, nel solo tentativo di restare insieme.


Giorgia Sandoni Bellucci nasce e cresce a Modena, lavora come Content Manager e Copywriter. Oltre a occuparsi di contenuti pubblicitari, è autrice di sceneggiature, poesie, segnalate a concorsi nazionali e internazionali e di due romanzi. La rana e lo scorpione è il secondo.


Se volete acquistare il suo libro potete farlo qui.

∼ Ciao e benvenuta sul blog Il lettore curioso. Parlaci un po’ di te e del tuo libro ai lettori che ancora non lo conoscono.

Ciao, grazie per avermi dedicato questo piccolo spazio. Mi chiamo Giorgia, sono una scrittrice indipendente e oggi sono qui per parlarvi del mio nuovo libro, La rana e lo scorpione.

Vorrei iniziare questa intervista dicendovi a che genere appartiene il mio romanzo, ma la verità è che non sono ancora riuscita ad attribuirvi un’etichetta. Potrei dirvi che si tratta di un’opera sentimentale, perché racconta la storia d’amore tra due ragazzi poco più che adolescenti o di un romanzo di formazione, dato che è proprio grazie a questa passione i protagonisti crescono, finendo per riscoprirsi poco a poco adulti. Sicuramente rappresenta uno spaccato generazionale.

Il sentimento che unisce Riccardo e Greta infatti si rivela spesso un pretesto per approfondire le loro vite; per raccontare il rapporto più o meno felice che i giovani d’oggi intrattengono con i genitori, gli amici e i modelli imposti dalla società.

All’interno di una cornice narrativa fatta di slang, rave party e social network, in cui anche i personaggi secondari e i luoghi acquisiscono grande importanza, il mondo de La rana e lo scorpione mostra al lettore cosa significa innamorarsi ai tempi di Facebook, dei viaggi low cost e dello sballo facile. Cosa si prova ad essere adolescenti oggi, se nasci a cavallo dell’Emilia-Romagna, ma ti senti cittadino del mondo.

∼ Com’è nata l’idea per il tuo libro La rana e lo scorpione?

È difficile razionalizzare un’intuizione. Penso che qualsiasi prodotto artistico sia sempre la sintesi di diverse pulsioni: da una parte ci sono le intenzioni letterarie; la volontà di affrontare un determinato tema e di farlo con un certo stile. Dall’altra ci sei tu col tuo bagaglio di essere umano; c’è il tuo modo di vedere il mondo, di sentire la vita. Distinguere con esattezza dove inizi l’uno e finisca l’altro è praticamente impossibile.

Sapevo di voler scrivere una storia d’amore che partisse dalla natura umana; che guardasse alla vita come a una corrente impetuosa; che parlasse della capacità di nuotarvi in mezzo e della voglia di lasciarsi sommergere dal flusso. Volevo creare una storia che fosse intensa, coinvolgente ed immensamente vera, anche a costo di risultare cruda e disturbante. Una di quelle in cui i lettori entrano nella testa dei protagonisti a tal punto da comprendere e giustificare qualsiasi loro scelta, persino la più condannabile.

∼ I protagonisti del tuo libro sono Millennials. Quanto hai influito la tua esperienza personale nella stesura del libro?

Ha influito in parte. Come Greta, anche a me anni fa è capitato di essere attratta da Scorpioni. L’esperienza diretta con persone più deboli di me o fuori controllo mi ha aiutata a descrivere con minuzia di dettagli l’impotenza che si prova davanti all’autodistruzione. D’altro canto il fatto che il romanzo punti a essere verosimile, non significa che la verità messa in scena sia sempre la mia.

Alcune delle scene che ho descritto sono frutto di aneddoti raccontati da amici, conoscenti, sconosciuti raccolti nel corso degli anni e rigettati sulla carta al momento opportuno. Altre sono tributi più o meno espliciti a modelli cinematografici e letterari a me cari, altre ancora – ad esempio le parti che parlano dell’uso di droghe – hanno richiesto letture specialistiche e indagini qualitative sul web. Tutto questo per dire che anche in un romanzo realistico, la licenza poetica è sempre dietro l’angolo 🙂

∼ Quale ragione ti ha spinta a pubblicare in selfpublishing?

Il seflpublishing non è stata la mia prima scelta.

Quando ho inviato il manoscritto ormai un anno fa, ho ricevuto subito diverse proposte da case editrici medio-piccole. Mi sono presa qualche mese per pensare e infine ho deciso di firmare con quella che mi sembrava più promettente. Purtroppo a lungo andare le linee creative e imprenditoriali adottate dall’azienda, nonché il lavoro di editing eseguito sul testo, si sono rivelati molto diversi dalle mie aspettative. Così ho preferito rescindere il contratto, continuare da autrice indipendente e darmi un po’ di tempo per raccogliere i risultati.

∼ Che cosa significa essere un’autrice esordiente al giorno d’oggi? Hai incontrato difficoltà?

Ne ho incontrate, sì. E non poche. Scrivo a tempo pieno per lavoro (faccio la Content Manager in un’agenzia pubblicitaria), a casa per passione e ora mi ritrovo anche a fare l’imprenditrice.

Pianificare strategie promozionali e metterle in atto con costanza non è affatto semplice, eppure ogni volta che vedo una nuova vendita segnata sui report di Amazon, mi sento elettrizzata, come se mi avessero dato la scossa. Creare qualcosa è di per sé emozionante, ma riuscire anche a venderlo, vi giuro, impagabile.

Buffo, dato che fino a un anno fa il mio più grande desiderio – come quello di tanti altri scrittori esordienti – era di pubblicare con una casa editrice. Perché? Beh, se siete scrittori, già lo sapete. Perché non ci riesce quasi nessuno; perché ogni anno sono centinaia i manoscritti che vengono inviati in redazione senza successo; perché pubblicare con una CE riveste il tuo testo di un valore letterario, che in pochi gli riconoscerebbero diversamente.

Quello che però posso dirvi, per esperienza diretta, è che al giorno d’oggi un libro è a tutti gli effetti un prodotto, che risponde ai bisogni di un’audience specifica e che ha bisogno di un’immagine e di un business plan pensati ad hoc, per essere promosso. La piccola-media editoria spesso non ha né i mezzi, né le conoscenze per costruirne di efficaci, specie a livello digitale. Il risultato è che se detieni una buona padronanza delle logiche di web marketing, hai più possibilità di vendere il tuo libro in autonomia tramite la rete, piuttosto che farlo al fianco di un piccolo- medio editore sul mercato tradizionale.

Forse curare un progetto letterario a trecentosessanta gradi all’inizio potrà levarvi tempo, sonno, ma – se lo farete bene – ne varrà la pena, perché saranno i lettori ad attribuire al vostro lavoro il valore che merita.

Ciò d’altra parte non significa che bisogna escludere un contratto a priori. Semplicemente bisogna valutarne bene pro e contro e non gettarsi fra le braccia della prima casa che passa, solo per il gusto di dire “ce l’ho fatta”. Personalmente accetterei di tornare sotto CE, soltanto se questa scelta mi permettesse davvero di fare la differenza in termini di visibilità.

∼ C’è qualche scrittore a cui ti ispiri o ammiri particolarmente?

Sono una fan della letteratura decadente attraverso i secoli, ma non ho uno scrittore preferito.
Mi piace l’umorismo nero di Pirandello, quello snob ma incredibilmente brillante di Oscar Wilde e penso che il virtuosismo espressivo di D’Annunzio sia ineguagliabile. Sono stregata dalla capacità introspettiva che Dostoevskij dimostra in Delitto e Castigo; dalla visceralità filosofica di Kundera ne L’insostenibile leggerezza dell’essere. Quando ho bisogno di ricordarmi che in Emilia c’è di più, tiro fuori un romanzo di Tondelli, se invece ho voglia di viaggiare lontano, opto per Philip Roth: il modo in cui evoca poesia dalla fatiscenza riesce sempre a ridurmi le gambe in poltiglia.

∼ Dalla sinossi del tuo libro vedo che La rana e lo scorpione è un romanzo rosa, che si discosta però dal genere sentimentale che conosciamo, ovvero che “l’amore non trionfa sempre al di là del bene e del male è solo perché in fondo siamo tutti quanti imperfetti e perfettibili in egual misura.” Vuoi parlarci di questa scelta?

Molte scrittrici rosa scelgono di raccontare le storie di protagonisti belli e facoltosi come star del cinema e di ambientarle in grandi metropoli oltremare, dove regna sempre e solo il lieto fine. Lo fanno per permettere al lettore di evadere dalla propria quotidianità; di vivere per poche ore una vita da mille e una notte. È una scelta letteraria come altre, pienamente condivisibile.

Io, al contrario, ho preferito ambientare la storia in Italia e indagare le vite di due ragazzi qualunque, con tutte le loro aspirazioni ed inquietudini; due ragazzi che non sembrano destinati ad avere un lieto fine e che proprio per questo vivono il loro amore ancora più intensamente.

Ho cercato di raccontare una storia straordinaria nella sua ordinarietà, perché non mi interessa trasportare il lettore in luoghi esotici. Non punto a fargli sognare esistenze migliori o a farlo uscire dalla lettura rasserenato. Voglio invece che rimanga inchiodato alla sua quotidianità ad ogni capitolo; col cuore in gola fino all’ultima pagina. Che importa se poi il finale non è quello che si aspetta? Abbiamo detto che si tratta di un libro realistico e nella realtà le storie non sono sempre giuste; non finiscono sempre bene. Anzi, sono proprio quelle sbagliate – quelle che finiscono male – a rimanerci dentro al cuore per sempre.

∼ Per concludere, ti ringrazio per aver partecipato a questa breve intervista e ti chiedo: perché i lettori dovrebbero leggere il tuo libro?

Come accennato prima, penso che non esista un libro buono per tutti. Per questo, invece che dirvi “dovreste leggere il mio libro perché…” vi dico: “Dovreste leggere il mio libro se…”

Se amate le storie d’amore, quelle vere.
Se avete avuto almeno una volta una storia che vi ha consumato corpo e anima.
Se siete giovani e cercate una storia in cui immedesimarvi.
Se siete meno giovani e cercate un modo come un altro per ricordare.
Se siete genitori senza pregiudizi e volete guardare il mondo con gli occhi dei vostri figli.

Interviste

Intervista a Stefano Caruso, autore di Shameland

Ciao a tutti i lettori del blog! Oggi voglio parlarvi di un libro di cui vi ho già accennato in passato: Shameland. In questa occasione scopriamo qualcosa in più sul libro e l’autore che lo ha scritto.

∼ Benvenuto sul blog Il lettore curioso, Stefano! Raccontaci un po’ di te e del tuo romanzo Shameland ai lettori che ancora non ne hanno sentito parlare.

Parto da Shameland: è un romanzo che dissacra il fantasy, lo fa a pezzi e li disintegra.

Quante volte nei fantasy ci sono personaggi che vengono definiti pazzi ma alla fin fine non sono niente di che? Ecco in Shameland non ce n’è uno normale, ma è soprattutto il protagonista a essere completamente pazzo, del tutto. Ho voluto creare un personaggio senza un minimo freno, volgare, tanto volgare, cresciuto in un branco di cani, che non conosce alcuna morale e che non ha idea di quello che fa.

Una scena che descrive la cosa alla perfezione si trova nel capitolo 2 “Folle Battaglia”, quando lui uccide anche i suoi, solo perché pensava che la battaglia la vincesse chi ammazzava più persone.

È il romanzo perfetto per chi vuole leggere qualcosa di fresco e non si scandalizza per volgarità e black humor.

Il punto di forza di Shameland, che lo differenzia dalle altre parodie, è l’originalità del tutto, e in particolare dei dialoghi dei personaggi e della loro follia. Alcuni sono personificazioni di problemi dei fantasy come Dump, da infodump. Posso dire che non c’è nulla come Shameland. Non posso dire che è un romanzo che piacerà a tutti, perché non tutti apprezzano l’umorismo nero e il no sense che ne fanno parte.

Io sono un ragazzo/quasi uomo che vuole fare lo scrittore.

Ho studiato per anni prima di scrivere un vero romanzo, e ho trovato nella scrittura un modo di esprimermi, so che non è un mestiere facile, non solo dal punto di vista economico, scrivere bene e mantenere un livello qualitativo omogeneo per un intero romanzo è dannatamente tosta.

E, se posso, direi che scrivere una parodia fatta davvero bene sia una tra le cose più difficili in assoluto da fare: servono idee nuove in ogni pagina, dialoghi freschi, brillanti, frecciatine pertinenti e ben amalgamate con la storia, è davvero complicato.

C’è tanto del mio umorismo quotidiano in Shameland, io certe battute le farei anche nella vita reale.

Un’ultima cosa che direi di me è che sono un romantico, profondamente innamorato di una ragazza che ormai ho perso, scrivo per sentirla ancora accanto.

Continua a leggere “Intervista a Stefano Caruso, autore di Shameland”

Interviste e Blog Tour

[BLOG TOUR] Look Left di Katiuscia Napolitano || Intervista all’autrice

Ciao a tutti i lettori del blog! Oggi sono molto felice perché ho la possibilità di partecipare al blog tour di una mia collega e amica blogger, Katiuscia Napolitano. In questa tappa ho fatto qualche domanda a Katiuscia sul suo romanzo Look Left. Scopriamo insieme di che cosa si tratta!

london-1081820_960_720.jpg

“Trentotto anni, single orgogliosa per scelta, Livia si divide tra i suoi amori: la libreria che conduce con l’amica Alexis e i viaggi, rigorosamente in solitaria.
Tutto cambia quando il suo blog, The Travelling Girl, si posiziona tra i finalisti di un concorso indetto da un noto editore di guide turistiche. Per vincere basta presentare un report con sei attrazioni della propria città, corredato da fotografie. In palio: un contratto di collaborazione.
Poi c’è Pedro, fotografo e direttore creativo per un’azienda che stampa calendari. Il suo capo ha l’idea di metterlo in rivalità con Mark, giovane collega che da sempre punta al posto di Pedro, per il tema del nuovo calendario. Chi porterà i sei scatti migliori potrà eseguire i restanti. Mentre cerca ispirazione, al museo Victoria and Albert, scorge Livia. È perfetta, per fargli da modella, ma non riesce a raggiungerla. I due però si incontreranno in libreria, proprio grazie al blog della ragazza. Il patto è scontato: Pedro farà le fotografie per Livia, mentre lei poserà per lui, vincendo la sua ritrosia.
Dodici tappe, alternando le località preferite di Livia alle dee greche, scelte da Pedro per il suo progetto. I due si incontreranno, si scontreranno, si apriranno l’un altro ritrovando l’uno qualcosa che credeva perso, l’altra qualcosa che non ha mai conosciuto prima.
Peccato che Pedro sia ancora sposato, sulla carta, con Sarah. Ex modella, bellissima e senza scrupoli. Una storia romantica che è anche una dichiarazione d’amore per una città incantevole: Londra”

∼ Vuoi raccontarci brevemente di te e di questa tua nuova avventura letteraria?

Intanto ciao a tutti e grazie mille di questa opportunità! Allora, raccontare di me in breve… mi chiamo Katiuscia, ho ventotto anni e l’anno scorso ho avuto un colpo di testa. Mollare il mio vecchio lavoro per prendermi un periodo sabbatico, cosa che non avevo mai potuto fare prima. Per prendere due piccioni con una fava, sono andata a Londra, semplicemente per vivermi la città e scrivere. Il mio nuovo romanzo, Look Left, nasce proprio da questa folle premessa!

∼ Hai scritto Look Left durante un soggiorno a Londra di due mesi. Avevi l’idea del romanzo già prima della partenza o è nata al tuo arrivo nella city?

I protagonisti, Pedro e Livia, effettivamente esistevano già, ma in modo completamente diverso. Facevano persino altri lavori. È stato però il mio arrivo a Londra a definire, di giorno in giorno, la storia. Il primo periodo non sapevo nemmeno che sarebbe diventato un romanzo. Ho semplicemente iniziato a scrivere, alimentando il racconto tramite la mia esperienza british. Ed ecco che è nato Look Left!

∼ Parlando sempre di Londra, l’ambientazione gioca un ruolo fondamentale in Look Left. Perché hai scelto proprio Londra e quale luogo ti ha fatta innamorare della capitale?

L’ho scelta perché è una città in cui mi sono sempre sentita a casa. La mia prima visita risale a sette anni fa, e da allora non ho smesso di andarci. Quello che amo di lei (sì, Londra è una lei!) è che scopro sempre qualcosa di nuovo! Se dovessi scegliere un posto, però, è il mercato di Camden. Nessun altro posto a Londra mi fa sentire così bene. È proprio magico. Infatti… non potevo non citarlo nel libro!

camden-493846_960_720.jpg

∼ Look Left è molto distante come genere e ambientazione dal tuo primo romanzo, Immortal. Ti piace sperimentare sempre generi diversi? Com’è stato dare vita a un romance?

Bella domanda! Chi mi conosce mi dice: “Non riesco ancora a crederci che tu abbia scritto una storia d’amore!”. Look Left è molto distante da Immortal ma credo che il motivo principale non sia il cambio di genere (appunto da un romance a un gotico) ma il fatto che Look Left è più maturo. Adoro cambiare generi anche se non mi sento una sperimentatrice. Diciamo che li vario a seconda di quello che la storia che è venuta da me richiede. Può essere un horror, un noir o un romance. Dipende da quello che i personaggi vogliono 😊

∼ Che cos’è cambiato dalla tua prima esperienza come scrittrice? Il tuo stile si è evoluto?

Senz’altro il mio stile si è evoluto. Ho iniziato a scrivere Immortal che non ero nemmeno maggiorenne, adesso sono (sigh) alla soglia dei trent’anni. Dalla mia prima esperienza inoltre ho studiato tanto: ho fatto corsi, ho scritto tanto e soprattutto, cosa fondamentale, ho letto vagonate di libri.

∼ I protagonisti di Look Left sono Livia e Pedro. Quanto di te hai messo nei protagonisti? Qual è il personaggio al quale ti sei più affezionata?

Di me c’è… tutto! I personaggi sono irrimediabilmente uno specchio dell’autore, e nel mio caso anche piuttosto nitido, soprattutto per Livia. Infatti direi che è lei senz’altro il personaggio che mi somiglia di più e a cui sono più affezionata.

∼ Un altro argomento toccato nel libro è la fotografia. Questa scelta nasce da una tua passione?

Sì, esatto. Non è mai stata la mia passione per eccellenza (perché quella è la scrittura) però ho sempre ammirato tantissimo chi sa farle davvero bene. Da questo punto di vista sono molto fortunata, perché ho due amici che con due stili completamente diversi mi hanno instillato sempre più l’amore per le Reflex. Io stessa me la cavicchio, ma non sono assolutamente al loro livello o a quello del mio amato Pedro!

∼ Dee greche e volpi. Vuoi raccontarci qualche aneddoto su questi due termini che compaiono nel libro?

Tutto si riconduce ai primi due giorni della mia permanenza, quindi all’inizio traumatico della mia avventura inglese, quando mi sono ritrovata, sola, a fare i conti con la mia scelta. La volpe è stata (e da quel momento… è) il mio animale guida. Mi è apparsa alle spalle la mia prima sera, di fronte a casa mia, e non potevo crederci. A Londra sono comuni quanto i gatti, per noi no! Quindi ritrovarmele a sonnecchiare in giardino, o che mi passavano di fianco al parco è stato davvero bello. Per questo non potevo non inserirle nel libro.

Per quanto riguarda le divinità la cosa è più radicata, perché ho conseguito studi classici, dunque tutta l’antica Grecia per me è come tornare a casa. Quando ho iniziato a scrivere il primo capitolo di Look Left mi trovavo al Victoria and Albert Museum, proprio vicino alla statua Il Ratto di Proserpina, una scultura dall’esecuzione magistrale. Il passo da quello che vedevo nella realtà a quello che accadeva sulla carta è stato breve, e mi sembrava un bel modo di omaggiare i cinque anni della mia vita che mi hanno forgiata come adulta.

∼ Per Look Left hai scelto la strada del crowdfunding. Come hai conosciuto Book a Book e per quale motivo hai scelto proprio questa modalità di pubblicazione?

Ho conosciuto Book a Book tramite i social e altri autori della CE. La modalità del crowdfunding è completamente nuova per me, perché punta sul creare attorno a un libro un pubblico, ancor prima che esca. Praticamente, si ridà al lettore la centralità di scegliere le storie che vuol vedere pubblicate e non essere solo il ricettacolo di quello che si trova in libreria.

Però… se proprio vogliamo dirla tutta, c’è anche un altro piccolo aspetto che mi ha portato alla scelta. Il logo con la volpe. Posso prenderlo come un segno… no?

∼ Tornando al tuo soggiorno a Londra, non è da tutti lasciare la propria casa, famiglia e amore per un periodo così lungo. Ci sono mai stati momenti in cui ti sei sentita sola e avresti voluto tornare in Italia? Quanto ha influito il fatto di essere a Londra nel tuo romanzo?

Be’, avrei voluto tornare a casa già il primo giorno! Però, subito dopo il trauma iniziale, la città mi ha accolta e coccolata, riempiendomi di ciò di cui avevo bisogno: cose belle. Rifarei la stessa scelta domani.

Essere a Londra è stato decisivo, non solo per la location, ma anche per la creatività che scorre in città. Le ispirazioni sono a ogni passo, in ogni caffè c’è qualcuno al pc che fa la tua stessa cosa. Insomma, mi sono ritrovata proprio in una realtà fertile, tanto è vero che un romanzo intero l’ho scritto in due mesi precisi!

tower-bridge-1237288_960_720.jpg

∼ Per concludere, c’è qualcosa che vorresti dire ai lettori? Perché dovrebbero leggere proprio Look Left?

Perché è più che un romanzo. È una guida non convenzionale della città, scritta mentre ci abitavo (quindi le notizie sono freschissime!). È un romanzo scaturito dalla decisione di cambiare vita. E, soprattutto, è un romanzo basato su una scelta che tutti prima o poi ci troviamo a fare nella vita: libertà o condivisione.


Se anche voi volete sopportare Katiuscia potete preordinare il suo libro qui.

Io l’ho letto e vi posso dire che si tratta di un gioiellino tutto da scoprire. Non perdetevelo!

Non dimenticate di seguire anche le altre tappe del blog tour!

LOOK LEFT BLOG TOUR_fb.jpg

Interviste, Segnalazioni Letterarie

|| Intervista a Luca Torino, autore di Rick

Ciao a tutti i lettori del blog e buona domenica! Oggi ho intervistato per voi Luca Torino, autore del romanzo Rick. Scopriamo insieme qualcosa in più sul suo romanzo e come è nato!

rickLa tranquilla e piovosa città di Sherbrooke, in Canada, sta per essere sconvolta da una serie di omicidi efferati ed inspiegabili in cui le vittime sembrano non aver nessun legame tra loro, tranne una carta dei tarocchi appoggiata sul corpo martoriato. L’assassino non lascia alcuna traccia, è feroce ed intelligente e prova gusto nel divertirsi con le prede prima di finirle. La polizia brancola nel buio, aggrappandosi ai pochi elementi a disposizione. Anche la vita di Malcom, autore di film horror sulla via del declino, sta per essere sconvolta; forse l’idea di acquistare la villa in cui due anni prima è stato perpretrato un massacro, non è stata poi così intelligente. Il sonno dell’uomo inizia ad essere popolato da incubi in cui un adolescente all’interno di una scuola chiede aiuto, il suo aiuto. Cosa avranno in comune i delitti del ‘serial killer delle carte dei tarocchi’ e questi incubi? In un crescendo di colpi di scena in cui il passato riveste un ruolo fondamentale per la risoluzione del caso, Sherbrooke si appresterà a conoscere l’orrore più grande che abbia mai vissuto…e questo è solo l’inizio…

Kobo Amazon

∼ Ciao Luca e grazie per avermi concesso del tempo per rispondere alle mie domande. Parlaci un po’ di te e del tuo libro ai lettori che ancora non lo conoscono.

Grazie a te e alla tua disponibilità. Mi presento, sono Luca Torino ed ho 38 anni. Attualmente vivo a Roma e sono laureato in Scienze della Comunicazione alla Sapienza. Per anni ho fatto il giornalista, anche se ora mi occupo di tutt’altro, tra cui scrivere romanzi. Ho creato Rick diversi anni fa, poi lasciato nel cassetto per lunghissimo tempo e, a ben vedere, feci bene. Ero ancora troppo acerbo per creare qualcosa che potesse davvero soddisfarmi e soddisfare chi mi segue. Rick è stato modificato in molti suoi punti, fino a diventare un romanzo su un serial killer davvero particolare, con un obiettivo ‘ambizioso’. Quale obiettivo? Non so, dovrete scoprirlo voi. Non parla solo di un serial killer, di una cittadina in Canada sconvolta da omicidi inspiegabili, ma è più un viaggio all’interno dell’orrore, della solitudine e dei demoni che albergano in ognuno di noi. Come in tutti i romanzi di genere, c’è l’indagine, i colpi di scena, ma a differenza di altri, manca il ‘buono senza macchia e paura’…il protagonista è un mix di emozioni e spesso, non sono delle più belle.

∼ Com’è nata la passione per la scrittura? Rick è la tua prima opera pubblicata?

Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia che divora libri di ogni genere, devo ringraziare i miei genitori per questo. Il passo successivo è stato quello di mettere nero su bianco le idee che mi frullano in testa, cimentarmi in qualcosa che avrebbe comportato sacrifici e giorni interi a pensare come evolvere la storia…ma alla fine ne è valsa decisamente la pena. Rick è la mia prima opera pubblicata e fa parte di una trilogia già scritta e in fase di revisione. Sto ultimando anche un quarto romanzo, spin-off su un protagonista.

∼ Rick è classificato come “horror”. C’è qualche scrittore appartenente al genere che ammiri in modo particolare o che influenza la tua scrittura?

Certamente, chi ha letto Rick e le bozze degli altri 3 libri, ha confermato che si sente l’influenza del Re, Stephen King. Ovviamente la mia opera non è sua emulazione, ognuno ha idee e stili differenti, ma ammetto che è forte la passione di raccontare storie su soggetti disturbati, malati e situazioni forti, andando contemporaneamente a trattare tematiche universali. Ad esempio in Rick, una delle tematiche, oltre la trama principale, è il mostro dietro la maschera che ognuno di noi indossa. Altro autore a cui devo dire grazie, nel mio processo creativo, è il mangaka Hirohiko Araki, un pozzo senza fine di idee e contesti bizzarri

∼ Com’è essere uno scrittore esordiente al giorno d’oggi? Che cosa ti ha spinto a scrivere un romanzo?

Essere uno scrittore esordiente in questo periodo storico è un bel pò complicato ma al contempo internet ti aiuta tantissimo a differenza di come poteva essere in passato. Devo ancora imparare molto dal punto di vista di marketing, ma ritengo che con impegno e sacrificio, alla fine i risultati si vedono sempre. cosa mi ha spinto a scrivere? A chi me lochiede rispondo sempre, “è una mia esigenza fisica…è come respirare. Mi piace dare forma alle mie idee, mettermi alla prova creando situazioni apparentemente irrisolvibili e trovare il modo di uscirne in maniera logica e razionale. Ad esempio, in Rick, tutte le vittime non si conoscono. Chi è che le uccide? Perchè vengono prese di mira? Trovare il filo conduttore è stato difficile, ma una volta scovato, ogni pezzo è andato a combaciare.

∼ Rick è il primo romanzo appartenente alle serie Sherbrooke’s Chronicle. Puoi dirci qualcosa in più sui seguiti di Rick? Stai già lavorando al secondo romanzo?

Si, come già anticipato precedentemente, Rick fa parte di una trilogia già scritta ed in fase di revisione. Il secondo romanzo si intitola ‘Smith’ e virerà al thriller/giallo con qualche sfumatura horror. Verrà introdotto il protagonista, un giovane scrittore che avrà un ruolo importante all’interno della trilogia. Credo che lo pubblicherò prima di Natale. Infine l’ultimo romanzo, ‘Strange’, chiuderà e spigherà tutte le cose irrisolte dei primi due, motivando ogni dettaglio apparentemente non chiarito in precedenza. Mi piace molto scrivere, lasciando numerosi dettagli, che non hanno risposta se non alla fine. Voglio portare il lettore a porsi domande e sue speculazioni per poi lasciarlo di sasso con la verità su determinati accadimenti o comportamenti. Non lascio nulla al caso, ogni cosa presente ha un senso, comprensibile nella sua interezza, solo alla fine.

∼ Qual è il tuo rapporto con la lettura digitale? Ti sei arreso agli e-book o resti fedele alla carta stampata?

Allora…ehm, una domanda di riserva? Rick l’ho pubblicato sia come e-book per Kobo che su Amazon come cartaceo, ma…onestamente…Oh, come è bello il tempo oggi…va bhe, mi cavo d’impaccio dicendo così, “Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace”…almeno non scontento nessuno 😉

∼ Hai qualche consiglio da dare ai lettori che vogliono intraprendere la strada della scrittura?

Il consiglio che posso darvi è scrivete. Se vi piace e adorate farlo, gettatevi senza paracadute nelle vostre idee, sbagliando, modificando quanto già fatto, arrabbiandovi con voi stessi per non avere l’idea geniale, il deus ex machina che vi trae da una situazione ingarbugliata…ne avrete benefici. Cadendo si cresce, restando immobili non ci si evolve. Rick è stato ideato nel lontano 1999…la bellezza di quasi 20 anni fa. L’anima, il messaggio che volevo mandare è rimasto, ma le modifiche sono state tantissime ed alla fine eccolo qui. Moltissime volte ho pensato chi me lo fa fare…posso dirvi che ho fatto bene a continuare. Un bocca in lupo enorme a chi vuole intraprendere questa strada, non lasciatevi abbattere mai e crescete ascoltando le critiche costruttive. servono sempre.

 

Interviste

Intervista a Chiara Avanzato, autrice del romanzo distopico “Fuori posto”

Ciao a tutti i lettori del blog! Oggi sono felice di ospitare sul mio blog un’autrice, Chiara Avanzato, che ho avuto il piacere di intervistare. Vi lascio alla sinossi del suo libro e all’intervista. Buona lettura!
fuori.jpg
Nella Sicilia del 3225 d.C. poche facoltose famiglie hanno il privilegio di vivere per millenni. Solo i più colti hanno accesso al potere mentre la restante parte della popolazione conduce una breve esistenza dedita al lavoro che i loro padroni non vogliono svolgere.
La tecnologia ha raggiunto traguardi inimmaginabili e permette guadagni infiniti sfruttando la produzione ottimizzata, le coltivazioni e gli allevamenti basati sulla manipolazione genetica.
Edan è un giovane lavoratore troppo astuto per tenere la testa bassa. Leandro, invece, è il figlio di una delle famiglie più ricche della Sicilia. È il custode di un tremendo segreto a cui l’amore giocherà un brutto scherzo. Le vicende dei due protagonisti si intrecceranno in una continua discesa nel macabro.
∼ Buongiorno Chiara e benvenuta sul blog Il lettore curioso. Parlaci un po’ di te e del tuo romanzo ai lettori che ancora non lo conoscono.
Buongiorno membri della redazione e gentili lettori, sono Chiara Avanzato e ho 25 anni. A fine mese mi laureo in medicina e sono siciliana. Il 27 giugno 2018 ho realizzato il sogno della mia vita pubblicando il mio primo romanzo distopico. Quest’ultimo narra le vicende dei due protagonisti: Edan, un giovane lavoratore, troppo astuto per tenere la testa bassa e Leandro, figlio di una delle famiglie più ricche della Sicilia. È il custode di un tremendo segreto e si innamorerà della persona sbagliata.
∼ Interessante e innovativa è la scelta di ambientare un distopico nella regione Sicilia. Per quale ragione hai scelto questa particolare ambientazione?
Ho scelto di parlare della mia terra, ma in un modo veramente poco convenzionale. Ho immaginato enormi grattacieli futuristici sotto l’acropoli agrigentina e un futuro in cui le malattie e la fame nel mondo sono state sconfitte.
∼ L’attenzione del tuo romanzo è catturata fin da subito dalla splendida copertina. Ci vuoi dire qualcosa di più in tal proposito? Chi l’ha realizzata?
Sì ho chiesto ad un disegnatore professionista specializzato nella realizzazione di fumetti e graphic novel di realizzare una copertina originale basata sulla mia idea di Agrigento nel futuro. Il grafico maltese si chiama William Calleja.
∼ Per quale motivo hai scelto proprio il genere distopico? Ti ispiri o ammiri qualche autore in particolare?
La distopia è il mio genere preferito, sono cresciuta con i romanzi di Orwell, Huxley e Dick. I grandi classici insomma. Alla fine del liceo ho cominciato ad apprezzare anche i romanzi psicologici di Ian McEwan, ma il primo amore non si scorda mai.
Noto con piacere che ultimamente anche il cinema si sta avvicinando alle distopie con trasposizioni cinematografiche di Hunger Games, Divergent e film originali come Upside down e molti altri.
∼ Dalla tua biografia ho notato che a soli 16 anni hai partecipato a due concorsi letterari, vincendone uno e classificandoti al terzo posto con l’altro. Quando è nata la passione per la scrittura? Ti accompagna fin dall’infanzia o si è sviluppata in adolescenza?
Ho cominciato a macinare libri al liceo. Ho letto i primi tre romanzi assegnatemi dall’insegnante al primo anno e da allora non ho più smesso. Grazie alla mia scuola, il liceo U. Foscolo di Canicattì, ho avuto l’occasione di incontrare grandi autori di narrativa come Savatteri, Lucarelli e De Cataldo. Da questi momenti di confronto letterario è nato il mio amore per la scrittura ed è stato proprio in quel periodo che ho cominciato a sperimentare su carta.
∼ Concludiamo con l’ultima domanda, rivolta a tutti gli autori emergenti che vorrebbero coltivare la propria passione. Hai qualche consiglio da dare a chi vuole intraprendere la tua stessa strada?
C’è un solo unico consiglio per chi vuole pubblicare un romanzo: leggete, leggete, leggete. Una volta letti molti libri diventa semplice acquisire un linguaggio adeguati al genere che preferite e cominciare a sperimentare!

Potete acquistare Fuori Posto qui, al prezzo di 4,99€ per il formato kindle e 9,99€ per la copertina flessibile.

Segnalazioni Letterarie

[SEGNALAZIONE] Intervista a Cristina Vanucci, autrice di Chance

Ciao a tutti i lettori del blog e buon fine settimana! Oggi voglio presentarvi un libro che tratta il tema dell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, si tratta di Chance, di Cristina Vanucci. Ho anche avuto l’occasione di fare qualche domanda, che trovate dopo la segnalazione, all’autrice.

Chance é attualmente in campagna di crowdfunding presso la casa editrice bookabook. Ciò significa che l’anteprima e la sinossi del manoscritto sono disponibili sul sito di bookabook; leggendole, i lettori potranno scegliere se sostenere il progetto editoriale e quindi ordinarne una copia.

chance.jpg

“Marta ha un marito, una laurea in architettura, un mutuo da pagare e.. un lavoro? Magari! Vive in un universo di incarichi in scadenza come lo stracchino, società evanescenti, candidature spontanee inviate a tappeto. Una realtà assurda? Risposta esatta! Quella in cui i figli dei fulgidi anni ’80 è costretta a barcamenarsi. Il suo percorso lavorativo non è costellato da rapidi avanzamenti di carriera, ma da licenziamenti a cascata. Anzi a ben pensarci, non è neppure un percorso. È una galleggiante successione di si fa quello che passa al convento. L’amara constatazione che la sua situazione non sia un caso isolato, ma che tutta una generazione – figli di papà compresi perché la cuccagna è finita per tutti -, annaspi nelle sabbie mobili della disoccupazione e del precariato in un orizzonte con zero margini di miglioramento, non la consola per niente, eh no, perché mal comune non fa sempre mezzo gaudio. Chance racconta con uno stile ironico e pungente la ribellione agguerrita e creativa di una trentenne di oggi per esercitare al meglio il proprio talento.”


∼ L’autrice

Cristina Vanucci è nata a Rimini e vive a Bordeaux, dove esercita la professione di architetto. Legge, scrive, disegna, impasta, pedala. Ha scritto per alcuni anni su diverse riviste di Architettura articoli specialistici sull’urbanistica, la progettazione architettonica, il design. Chance è il suo primo romanzo.


∼ Ciao Cristina e benvenuta sul blog Il lettore curioso! Parlaci un po’ di te e del tuo romanzo ai lettori che non lo conoscono.

Grazie al blog per aver deciso di ospitarmi!  Sono sempre stata un’avida lettrice col sogno della scrittura, però per tanto tempo ho lasciato questo sogno là, ad ammuffire in un cassettino polveroso… Poi un giorno qualcosa si é sbloccato in me e ho iniziato a scrivere parole in libertà: così é nato il mio romanzo, Chance.

Chance tratta il tema dell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Anche se l’argomento é piuttosto duro, non volevo scrivere un polpettone sociale deprimente che incitasse al suicidio. Volevo scrivere una storia sincera, con un linguaggio leggero e una spiccata predisposizione alla battuta.

Volevo descrivere sì la delusione di chi a 25 anni voleva conquistare il suo posto nella società e ha trovato ad aspettarlo il nulla più totale, ma volevo soprattutto raccontare la grinta di chi non si é arreso e ha cercato il modo di realizzare la propria creatività e trasformare un momento di crisi in un’opportunità per il futuro.

Continua a leggere “[SEGNALAZIONE] Intervista a Cristina Vanucci, autrice di Chance”

Interviste

Quando c’era la luna – Intervista alle autrici

Buonasera a tutti i lettori del blog! Oggi voglio segnalarvi un libro che si intitola Quando c’era la luna, scritto a quattro mani da Sara Stroppa e Roberta Ambrogio. Ho anche avuto la possibilità di fare qualche domanda alle autrici, buona lettura!

luna.jpgChiara e Virginia sono migliori amiche e non potrebbero essere più diverse. Chiara è solare ed espansiva, Virginia schiva e individualista. Le loro vite cambiano per sempre quando una trascina l’altra al bancone del Moonriver un venerdì sera di fine marzo. La luna piena e un’eterna Roma fanno da cornice alla passione travolgente che esplode tra la bellissima Chiara e il glaciale Andrea, un musicista bolognese riservato e intrigante, e fa da galeotta a un legame che avrà bisogno di più tempo per sbocciare: quello tra Virginia e Marco, accomunati da un sogno perduto e pesanti aspettative future. Ma la vita è imprevedibile: il fratello di Andrea s’innamora di Chiara che intanto ha trovato lavoro come modella e Marco manda a monte il suo matrimonio per amore di Virginia, che rimane incinta. Amori tormentati, ambizioni e delusioni scandiscono le loro giovani vite e li fanno crescere, maturare e scoprire cosa il destino ha in serbo per ciascuno.

∼ Benvenute sul blog Il lettore curioso Roberta e Sara! Parlatemi un po’ di voi e del vostro romanzo ai lettori che ancora non lo conoscono.

Grazie, è un piacere! Cosa dire di noi? Siamo principalmente due amiche, due ragazze che amano i libri e che purtroppo vivono distanti (Roberta è di Messina, Sara di Jesi). Ci piace definire il nostro libro come un romanzo di formazione: parte infatti dalle vicissitudini di altre due amiche, Chiara e Virginia, due giovani ragazze nelle quali può essere facile rispecchiarsi, e dal loro casuale incontro con Andrea, Marco e Luca. La storia si svolge in un arco temporale che copre diversi anni.

Sembrerebbe la classica trama di un romance “standard”, ma in realtà nella storia sono condensati vari elementi: l’amicizia, l’amore, ma soprattutto i sogni, l’arte e il desiderio che tutti i giovani adulti hanno di trovare il proprio posto nel mondo.

∼ Com’è nata la vostra collaborazione e come vi siete trovate a scrivere a quattro mani?

La nostra collaborazione è nata poco dopo esserci conosciute, precisamente quando abbiamo capito che la passione per la scrittura era una delle tante cose che ci accomunavano. Un giorno, quasi per gioco, abbiamo deciso di unire le forze e di dar vita a quella che è diventata una storia in cui crediamo moltissimo, che ci rende immensamente fiere. Scrivere a quattro mani è stata un’esperienza entusiasmante, non ci sono stati problemi per noi: ci è sembrato tutto sorprendentemente naturale. I nostri stili combaciano alla perfezione. Inoltre, condividevamo le stesse idee.

∼ Le protagoniste del romanzo Chiara e Virginia sono in qualche modo ispirate a voi? Quanto è importante l’amicizia nella vostra vita?

No, come personaggi non sono direttamente ispirate a noi. Certo, ci rispecchiamo in alcuni dei loro aspetti, primo tra tutti la loro grande amicizia. Questo vale però per tutti i nostri protagonisti, non solo per Chiara e Virginia, e potrebbe essere così per chiunque legga il romanzo. Ci sono parti di noi in loro tanto quanto negli altri personaggi, ma nel corso della stesura ognuno di loro ha acquistato una sua individualità, una vera vita propria.

Ovviamente consideriamo l’amicizia, quella vera, un valore importante, e lo si può capire ancor di più leggendo il nostro libro.

∼ Avete una particolarità o un aneddoto sul vostro romanzo che volete condividere in questo spazio?

Possiamo dire che, come fanno un po’ tutti gli scrittori, abbiamo associato il volto di ognuno dei nostri protagonisti a quello di noti esponenti del cinema e dello spettacolo. Ad alcuni di loro lo abbiamo anche detto, e uno in particolare ha ricevuto addirittura una copia del libro! Chi saranno? Nella pagina Facebook del libro abbiamo dedicato un album al nostro “cast dei sogni”. Tutti i curiosi possono andare a sbirciare!

Devo ammettere che dopo questa intervista sono ancora più curiosa! E voi siete curiosi? Se siete interessati all’acquisto del romanzo lo potete trovare su amazon in formato e-book, al prezzo di 3,99€.

amazo.jpg

Potete inoltre seguire le scrittrici Sara e Roberta sulla pagina facebook ufficiale del libro e scoprire quali personalità famose hanno “prestato” il volto ai personaggi del romanzo!

Interviste, Scovato in libreria

Quattro chiacchiere con Damiano Garofalo, autore di Black Mirror. Memorie dal futuro

Ciao a tutti e buon fine settimana!

Come vi avevo già anticipato ho avuto la possibilità di fare qualche domanda a Damiano Garofalo, autore del libro Black Mirror. Memorie dal futuro (di cui vi ho parlato qui) e che analizza la serie televisiva del momento Black Mirror. Buona lettura!

7833800_29609931548408429.jpg

 

∼ Qual è il suo rapporto con la tecnologia? La teme o ne è affascinato?

Non ne sono particolarmente affascinato, ma nemmeno posso dire di temerla. La vivo quotidianamente, prima di tutto, come una risorsa. Spesso, devo dire, rimango piuttosto infastidito sia dalla retorica apocalittica anti-tech, sia dalle pratiche di ribellione neo-luddista o tecno-fobica. Tuttavia, mi creano problemi, allo stesso modo, tutte quelle forme di tecnofilia acritica e di entusiasmo indiscriminato nei confronti dell’evoluzione digitale della società contemporanea. In ogni caso, credo di condurre una vita, come tutti, da homo tecnologicus: possiedo uno smartphone e un pc, utilizzo diverse app che mi semplificano la vita, ho dei profili social e passo buona parte della mia giornata a scrollare.

∼ Qual è il suo episodio preferito tra tutte le stagioni di Black Mirror?

L’episodio che mi ha affascinato di più è senza dubbio San Junipero (3×4), mentre quello a cui sono più affezionato – e che probabilmente ho visto più volte – è lo speciale natalizio White Christmas. Quelli riusciti oggettivamente meglio, secondo me, sono invece White Bear (2×2) e Hated in the Nation (3×6). Dell’ultima stagione mi è piaciuto moltissimo Hang the DJ (4×4).

∼ Crede che arriveremo mai al punto in cui la tecnologia prevarrà sull’uomo? Uno degli scenari di Black Mirror potrebbe, secondo lei, mai diventare reale?

Buona parte degli scenari prefigurati da Black Mirror sono già reali – anche perché Charlie Brooker, il creatore della serie, è intelligentemente riuscito a intercettare delle tendenze già ampiamente in atto nella società tecnologica in cui viviamo. La forza di Black Mirror, secondo me, risiede proprio nel raccontare situazioni sempre e comunque verosimili, nell’ambientare vicende in contesti che si avvicinano molto più al presente che conosciamo che a un immaginario apocalittico o a un futuro distopico lontano da noi.

∼ In Black Mirror abbiamo avuto modo di vedere diverse tecnologie, come lo Z-eye o il “grain”. C’è qualcuno di questi dispositivi che vorrebbe provare nella vita reale?

Non so se mi farei mai installare qualcosa sul collo o nel cervello, ma se fossi ancora in cerca dell’anima gemella direi che l’app di dating di Hang the DJ potrebbe tornami piuttosto utile. Quando sarò morto – spero, ovviamente, il più tardi possibile – mi piacerebbe invece moltissimo continuare vivere a San Junipero, rigorosamente nella versione 1987 – e attendere impaziente, magari, l’arrivo di mia moglie, con cui passare insieme il resto della morte.


∼ L’autore

Damiano Garofalo è assegnista di ricerca presso l’Università Cattolica di Milano e ha insegnato storia dei media e della televisione presso le Università di Padova, Udine e La Sapienza. Recentemente, ha pubblicato il volume Political Audiences (Mimesis, 2016) e ha curato, insieme a Vanessa Roghi, il saggio Televisione: Storia, Immaginario, Memoria (Rubettino, 2015).


∼ Il libro

Black Mirror è la serie tv che ha messo in questione il rapporto tra l’uomo e le nuove tecnologie, incantando la critica e il pubblico di tutto il mondo. Inquietante e provocatoria, ma anche spietatamente verosimile, Black Mirror racconta un futuro che è già presente, sollevando problemi filosofici e antropologici sulla spaventosa relazione tra individuo e società e tra percezione e realtà. Muovendosi agilmente tra i diversi livelli del racconto, Damiano Garofalo analizza gli aspetti teorici più rilevanti della serie, invitando il lettore a osservare la nostra epoca attraverso lo specchio dei nuovi media. Il futuro è adesso?


Ci tengo a ringraziare la casa editrice Edizioni Estemporanee e lo scrittore Damiano Garofalo per avermi concesso del tempo per rispondere alle mie domande.

Se volete acquistare il libro potete farlo qui o su amazon.

black