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After Life 2: recensione flash della seconda stagione con Ricky Gervais [No spoiler]

Buonasera lettori! Ieri è uscita su Netflix la seconda stagione di After Life. Se dovete ancora recuperare la prima, trovate la mia recensione qui.

Tony non è ancora pronto ad andare avanti, non riesce a smettere di guardare i video della sua amata Lisa, a rimpiangere le vita che aveva con lei.
Lisa era l’unica cosa speciale che aveva in una vita ordinaria e ora che se ne è andata sente di non avere più nulla.
Ma Tony ha ancora il lavoro nel giornale locale, uno strano assortimento di amici e un padre malato di Alzheimer. E poi c’è lei, Emma, che lavora come infermiera nel ricovero dove vive il padre, ma con la quale non è ancora pronto ad andare oltre una semplice amicizia.
Tra la stesura di un pezzo per il giornale e l’altro, Tony incontra una serie di personaggi eccentrici nella cittadina in cui vive, dalla centenaria che non vede l’ora di morire, al cinquantenne che crede di essere una bambina di otto anni.

Ricky Gervais racconta ancora una volta il dolore del lutto e la vita che deve inevitabilmente andare avanti. Lo fa con una seconda stagione meno ironica della prima, più commovente e introspettiva.
Si ride meno e si piange di più, ma riesce a colpire nel segno.
Nella serie ricorre anche il tema della solitudine e dell’importanza dei rapporti umani. Non è solo Tony a sentirsi solo, anche gli altri personaggi devono lottare con le proprie fragilità e la paura di rimanere soli.

Gervais dimostra di non essere solo uno dei comici più apprezzati del mondo, ma di cavarsela egregiamente anche con il drama.
La serie non ha ritmi ferrati o colpi di scena particolari, ma è capace di immergere lo spettatore nella storia e legare con i suoi protagonisti.
Se vi aspettate la comicità senza filtri di Gervais, non la troverete in questa seconda stagione, ma ciò non deve necessariamente essere un punto a sfavore.

Voto: 5/5

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