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Bridget Jones: Un amore di ragazzo [RECENSIONE]

Buongiorno lettori! Dopo un lungo periodo di blocco del lettore mi sono dedicata a una lettura leggera, che completa completa il ciclo della serie di Bridget Jones. Un amore di ragazzo è in realtà il terzo uscito, ma il quarto in ordine temporale.

Che cosa fai se la festa per i sessant’anni della tua migliore amica e il trentesimo compleanno del tuo ragazzo cadono lo stesso giorno? È giusto mentire sull’età quando sei a caccia di appuntamenti on-line? È moralmente accettabile farsi fare la piega quando entrambi i tuoi figli hanno i pidocchi? Ma il Dalai Lama twitta personalmente o delega tutto al suo assistente? La tecnologia è ormai diventata il quinto elemento? O ti stai confondendo col legno? Fare sesso con uno dopo sei settimane di SMS è l’equivalente moderno di sposarsi dopo due incontri e sei mesi di corrispondenza all’epoca di Jane Austen? Con in testa questi ed altri, perfino più gravi dilemmi, Bridget Jones inciampa tra un ostacolo e l’altro della sua nuova vita da mamma single. E intanto twitta, messaggia e butta giù elenchi di cose da fare per risvegliare la sua sessualità assopita, a dispetto di quella che alcuni, con espressione odiosa e sorpassata, si ostinano a chiamare mezza età.

∼ Recensione

Cinque anni dopo la morte di Mark, Bridget si trova ad affrontare il suo nuovo status di vedova e madre single. Spronata dagli amici, dopo un lungo periodo di lutto, Bridget decide di iniziare di nuovo a uscire con degli uomini.
Qualche appuntamento disastroso più tardi, la donna incontra Roxster, un ventinovenne conosciuto online tra un tweet e l’altro; e i due iniziano a frequentarsi.

Bridget è sempre la solita: pasticciona, in perenne lotta contro i chili di troppo e, questa volta, con pidocchi e macchie di cioccolata sui vestiti. Eh già, perché la protagonista è cresciuta, ora ha due figli a cui badare e deve farlo da sola.
L’autoritario ma romantico Mark, del quale tutte ci eravamo infatuate, è morto all’improvviso, lasciando Bridget a fare i conti con le difficoltà dell’essere madre.
La mancanza di Mark un po’ si fa sentire, soprattutto all’inizio. Ma la vita non è sempre “vissero felici e contenti” e Helen Fielding ce lo ricorda molto bene.
Trattandosi pur sempre di una commedia il peso del lutto non è opprimente, ma ci viene ricordato nelle azioni quotidiane di Bridget.
Bridget deve andare avanti, per i suoi figli ma soprattutto per se stessa.

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Ho apprezzato il salto temporale, perché ha permesso alla storia di avere un’impronta più leggera, che altrimenti sarebbe mancata.
Sebbene la maternità sia una parte importante della sua vita, non è il centro del romanzo. Come nei precedenti lo è invece l’amore e la costante ricerca di un uomo da avere al proprio fianco.

Paradossalmente, sebbene rimpianga la presenza di Mark, credo che questo sia il libro migliore della serie. Forse perché descrive una Bridget più matura, più vera. Anche se devo confessare che a volte mi ha decisamente dato sui nervi!
Non ho apprezzato invece l’epilogo di Daniel, che stavo iniziando ad apprezzare nella veste di padrino/baby-sitter.
Inoltre c’è un personaggio, che seppur mi sia piaciuto, è decisamente troppo simile a Mark e sembra quasi una sua copia.

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Potete acquistare il libro qui. Trovate le mie altre recensioni di Bridget Jones qui.

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