Curiosità

Settimana dedicata alla salute mentale: ritrovare il benessere psicofisico con la Cooking Therapy

Buongiorno lettori! Qualche tempo fa ho portato qui sul blog una settimana dedicata alla salute mentale. Anche se un pochino in ritardo, affrontiamo l’ultima tappa del progetto, con un’intervista alla dottoressa Sebastiana Roccaro, che ci parlerà di una sua iniziativa.

∼ Buongiorno dottoressa, le andrebbe di presentarsi ai lettori del blog?

Buongiorno a tutti voi. Certamente, mi presento: sono Sebastiana Roccaro, psicologa – psicoterapeuta di formazione sistemica relazionale. Ho iniziato la mia professione lavorando con bambini e adolescenti, ma da circa un decennio opero nell’ambito della Psiconcologia e delle Cure Palliative e da poco più di un anno mi dedico ai laboratori di Cooking Therapycondotti secondo una mia specifica metodologia.

∼ In breve, che cos’è la Cooking Therapy?

Cooking Therapy è una disciplina nuova ma che per ritrovare il benessere psicofisico, utilizza qualcosa di molto antico, l’arte del cucinare. Ha come presupposto di base “Sto male, quindi cucino” e non “sto male e quindi mangio”. Vorrei sottolineare anche cosa non è Cooking Therapy: non è psicoterapia né un corso di cucina.

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∼ Com’è nata l’idea del progetto di Cooking Therapy? C’è alla base una passione per la cucina?

Fondamentalmente si, c’è una passione per la cucina anche se non ricordo quando è nata, probabilmente è insita in me da sempre, magari nel mio DNA, ripercorrendo il mio genogramma ho riscoperto questa passione tra i mestieri dei nonni e degli zii, panettieri, pasticcieri, cuochi e pizzaioli. La ritrovo nei miei ricordi dell’università e delle mie prime esperienze lavorative, sia da educatrice che da psicologo; in ogni progetto almeno una giornata impegnati ad impastare, cucinare e condividere la pizza, il pane, i dolci.
Da tutto questo nasce già qualche anno fa, l’idea di Cooking Therapy. Realizzo che “Forse
coniugare l’amore per la cucina con le mie competenze da psicologo è possibile”. Mi riscopro a dare una lettura psicologica ad ogni fase di preparazione. Inizia la ricerca scientifica; il termine Cooking Therapy viene utilizzato in altre nazioni ma in riferimento a master class gestiti da chef e in Italia una giornalista sembra interessarsi alla “cucinoterapia” ma nulla che si avvicina alla mia idea. Anche la ricerca tra la letteratura scientifica risulta vana. Così sostenuta e incoraggiata dalla mia famiglia mi adopero per concretizzare il progetto.
∼ Quali sono i benefici di questa disciplina?

L’obiettivo generale è prendersi cura di sé e degli altri, ritrovare il benessere psicofisico
attraverso un nuovo strumento che va oltre l’importante atto quotidiano. Cucinare significa rievocare attraverso gli odori e i sapori le proprie origini, le tradizioni, i legami familiari; vuol dire dar spazio alla creatività, recuperare o rinforzare autostima, sviluppare le funzionalità cognitive.
Essa ha un valore terapeutico a più livelli:
Fisico: spalle, mani, polsi, sono impegnati nella ricerca di un equilibrio dell’energia e della forza muscolare.
Cognitivo: tutti i sensi sono attivati, migliora la gestione del tempo e si affinano memoria e concentrazione.
Sociale: spesso si cucina per e con gli altri facilitando contatto e comunicazione.
Intra-personale: realizzare un piatto vuol dire esprimere la creatività, la capacità di scegliere e decidere. Significa sentirsi gratificati per quanto cucinato.

∼ A chi consiglia la Cooking Therapy?

Cooking Therapy va bene probabilmente per tutti, certamente per molti. Adulti, giovani, adolescenti, bambini, terza età, uomini, donne, coppie… I laboratori vengono costruiti ad hoc tenendo conto di tutte le variabili.

∼ Come si svolge una seduta di Cooking Therapy?

I laboratori si svolgono in piccolo gruppo (max 5-6 partecipanti), hanno una cadenza
quindicinale e una durata di 60/90 minuti a seconda della numerosità del gruppo. Ogni
laboratorio viene strutturato a seconda di alcune variabili (età, ciclo vitale, obiettivi specifici, ecc.) e sono previste alcune fasi principali di preparazione: indossare il grembiule, lettura della ricetta, pesa degli ingredienti, impastare, condire o decorare, condividere. Ogni ricetta viene studiata e adattata all’obiettivo specifico. Nel laboratorio con i bambini si cura anche l’aspetto ludico, a tal fine ci si avvale di collaboratore con adeguata formazione. Ad ogni laboratorio sottende studio e ricerca.

∼ Come è stato accolto questo suo progetto dai pazienti e dalla comunità?

Direi che è stato una esplosione di consensi. In un anno di attività sperimentale, ho condotto 35 laboratori, coinvolgendo 37 partecipanti tra adulti, adolescenti e bambini. Ho suscitato inoltre la curiosità di colleghi e l’interesse di altri professionisti della salute che mi hanno contattata per eventuali collaborazioni, anche all’estero. Ad oggi sono attivi laboratori per adulti, per adolescenti, per bambini e un laboratorio permanente per la gestione dell’ansia e dello stress.
Ovviamente c’è ancora tanta strada da percorrere, ma ad oggi credo di poter essere soddisfatta dei risultati ottenuti.
È possibile trovare tutte le informazioni, le modalità di iscrizione e il calendario dei laboratori sul sito http://www.cookingtherapy.it

 

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